Bastille in concerto: io c’ero!

Non ero mai stata al concerto di una band. Non avevo mai comprato un biglietto in tribuna non numerata. Non credevo neanche che potesse piacermi lo stile alternative rock. E invece, con i Bastille ho potuto segnare tutte queste esperienze nella mia bucket list mentale. Martedì 7 febbraio sono stata al loro concerto al Mediolanum Forum di Assago e sono ancora un po’ senza parole (la voce invece l’ho recuperata subito).

Eravamo tanti e tutti emozionati: non sono stata a molti concerti ma penso che un pubblico così sia il migliore che si possa trovare, sempre pronto a cantare e a seguire la band con naturalezza, facendosi sentire. Anche per questo Dan, il cantante, si è speso in numerosi ed emozionati ringraziamenti ai fan, interrompendo spesso la performance per rivolgere parole speciali a noi, pubblico così affettuoso e partecipe. Inutile dire che sono stata davvero soddisfatta del concerto, anche se (ahimé) non conoscevo proprio tutte le canzoni. Sapevo già che Dan e Will (il bassista occasionalmente chitarrista, il mio preferito) sarebbero scesi in mezzo al pubblico per un paio di brani, ma vedere la folla rincorrere Dan accerchiato dai bodyguard è stato piuttosto sorprendente. Purtroppo essendo in tribuna avevo ben poche possibilità di vedermelo zampettare vicino, ma tutta la serata è stata coperta dai cameraman e dalle immagini proiettate sui maxischermi ai lati del palco, che in reltà a me non sono serviti molto in quanto ero davvero molto vicina.

Per me i Bastille si sono confermati come una band estremamente talentuosa e non banale, con testi pop ma non sciocchi: un esempio è Snake, uno tra i miei brani preferiti del nuovo album. Di questo concerto ho apprezzato particolarmente il ruolo dei coristi: infatti non si sono limitati a cantare, ma avevano anche una parte con i loro strumenti, tromba, sassofono e trombone, dando un effetto molto particolare all’esibizione! Ovviamente, come tutti i musicisti che suonano i fiati, hanno dato il meglio di sé facendo gli scemi sul palco (deve essere una prerogativa di questa categoria di musicisti, tutti quelli che conosco si comportano così).

I momenti migliori? A parte il finale con la celeberrima Pompeii e tutto il Forum che saltava a tempo, direi che anche Of the night si è conquistata un posto nel mio cuore. Menzione d’onore anche per i due gruppi che hanno aperto la serata, i Frenship e i Rationale.

Cover in musica: le mie preferite

La mia passione per la musica è materia nota ai più: ho dei gusti un po’ bizzarri, che spaziano dal rock a canzoni anni ’90 un po’ improponibili, dalla musica classica agli ultimi brani da discoteca. Oggi voglio parlarvi di un genere che non è propriamente un genere, quanto piuttosto un modo di vivere la musica: ho studiato canto moderno per quattro anni, quindi sarà per il mio passato come cantante (da strapazzo) che amo le cover a cappella.

Negli ultimi anni, complice anche YouTube, sono diventate piuttosto famose: si tratta di cover di brani celebri, riproposti però senza la musica di accompagnamento. Gli unici suoni sono quelli prodotti dalla voce umana! Io resto sempre sorpresa e affascinata dalla bravura dei performer. Non vi parlerò di tutte canzoni che mi sono piaciute perché altrimenti questo post sarebbe infinito, però posso darvi qualche suggerimento sugli artisti che apprezzo di più. I primi che ho scoperto, e che di fatto detengono lo scettro come i più bravi su YouTube, sono i Pentatonix: quattro ragazzi e una ragazza statunitensi che creano video musicali pazzeschi, con tanto di ambientazione ad hoc. Ve ne avevo già parlato nel post con le mie canzoni di Natale preferite, mali ho conosciuti con questo bellissimo medley dei Daft Punk.

Un altro gruppo che negli Stati Uniti ha davvero tantissimo seguito sono le Cimorelli, sei sorelle californiane che hanno iniziato da giovanissime e sono riuscite a esportare il loro stile fresco e allegro anche in Europa (a novembre si sono esibite anche a Milano, alla Salumeria della Musica): hanno iniziato con video caserecci, accompagnandosi solo con la chitarra, per poi arrivare in studio e girare veri videoclip. Le loro cover non sono esattamente a cappella, in quanto è sempre presente una base musicale, anche se leggera, ma adoro le armonizzazioni che riescono a fare con le loro voci! Questa è una delle loro prime esibizioni, ed è impressionante vedere come siano cresciute.

E infine, c’è lui: Peter Hollens è probabilmente l’artista che preferisco in questo campo. Ha sempre tantissime idee, è davvero gentile con i suoi follower, e le sue esibizioni sono molto emozionanti. Spesso collabora con altri performer, e realizza video ispirati a film di successo, curando nei minimi particolari costumi e scenografie. Il suo video medley con le canzoni Disney è tra quelli che preferisco, ma anche la sua esecuzione di I See Fire è molto particolare: nel video si vede parte di tutti i suoni che ha dovuto registrare!

L’ultimo cantante che vi propongo è Heather Traska: sul suo canale pochi video ma realizzati splendidamente. Heather fa tutto da sola, e questo spiega i pochi contenuti: immaginate quanto tempo è necessario per realizzare e montare video simili! Mi piace perché ha una voce pazzesca, e il risultato finale è sempre molto naturale.

Perché il “Mai Una Gioia” ci fa solo male

Quando avevo 13 anni ero una ragazzina dalla lamentela facile, sempre pronta a lagnarsi di qualunque cosa, convinta di essere terribilmente sfortunata: vedevo tutto nero e anche in compagnia le mie lamentele erano costanti, tanto che, ovviamente, ero allegramente presa di mira dai chi mi stava vicino. Un giorno mia madre mi ha regalato un libro di self help, uno di quelli che vanno tanto di moda negli Stati Uniti. Titolo ad hoc: Io non mi lamento. In allegato, un braccialetto viola di silicone, che avrei dovuto portare su un polso per 28 giorni consecutivi, senza mai spostarlo: questo sarebbe avvenuto non appena mi fossi lamentata, e in quel caso avrei dovuto cambiare polso. Inutile dire che tutti si sono concentrati sul farmi notare, ogni volta che aprivo bocca per piagnucolare, che dovevo ricominciare la mia sfida. Il braccialetto l’ho perso e non sono mai riuscita a completarla, ma almeno ho imparato qualcosa.

Oggi dire “lamentela” rende più l’idea di fastidio, quindi si è sostituito questo termine con il ben più pratico e trendy “Mai una gioia”, declinato in varianti più o meno volgari. Nonostante il mio passato da tredicenne lagnosa, non mi è mai venuto in mente di mettermi in bocca una simile espressione, che sinceramente all’inizio trovavo simpatica, e ora, che campeggia sui post nei social network quotidianamente, non sopporto più. Forse perché a un certo punto mi è stato fatto notare quanto fossi pesante, forse perché adesso, rileggendo qualche vecchia conversazione, mi rendo conto di quanto fossi effettivamente fastidiosa, ma non riesco a tollerare questo sguazzare (più o meno) allegramente nella lagna gratuita.

Io per prima trovo che uno sfogo libero sia molto soddisfacente nei momenti d’ansia, ma per quale ragione ogni giorno centinaia di persone si sentono spinte a condividere post sulla loro vita, sulle loro “sfortune” quotidiane, condite da quello che loro credono un simpatico “Mai una gioia”? Vi svelo un segreto: non siete simpatici, non fate ridere, anzi a lungo andare sembrate solo dei babbei che non sanno fare niente di meglio che tenere uno smartphone in mano e credersi ironici anziché alzarsi in piedi e prendere in mano la propria vita. Eventi come il caffé ustionante, un treno perso, una calza smagliata possono avere una portata decisiva sulla nostra giornata: tutto dipende da come li guardiamo. Possiamo innervosirci sul momento e poi, com’è giusto che sia, concentrarci su altro, e a fine giornata quel particolare sarà già dimenticato. Oppure possiamo immusonirci e diventare malmostosi, pronti a sparare acidità fintamente simpatica sul nostro profilo Facebook, finendo per avvelenarci la giornata.

E a lungo andare, finendo per allontanare chi ci sta vicino. Anche se in alcune occasioni il nervosismo e il pessimismo hanno ancora la meglio, almeno evito di frustarmi da sola lamentandomi in giro della mia condizione. Anche se a volte è difficile, cerco di lasciar correre quanto potrebbe solo portare pesantezza nella mia mente. E se ce l’ho fatta io, ragazzina piagnucolona, può farcela davvero chiunque.

La ragazza di Brooklyn: da Parigi a New York in 400 pagine

Dal 29 luglio 2011 mi affligge una tremenda nostalgia, che ho tentato di calmare in ogni modo, con foto, canzoni, film e libri. E’ successo, quindi, che andassi al cinema a vedere qualunque film avesse nel trailer uno skyline a me riconoscibile in pochi fotogrammi, e che leggessi ogni libro esposto in libreria che mi saltasse all’occhio con due magiche parole: New York. Il romanzo di cui vi propongo la recensione, La ragazza di Brooklyn, l’ho scelto proprio in questo modo.

Raphaël è uno scrittore parigino di successo, che cresce il figlio Théo senza la madre; sta per sposarsi con Anna, un giovane medico che l’ha conquistato in breve tempo. Una sera, mentre la coppia sta trascorrendo un breve periodo di vacanza nel sud della Francia, Anna rivela a Raphaël il suo segreto più recondito, e il fidanzato, inorridito, scappa. Nonostante torni subito sui suoi passi, al suo ritorno Anna è scomparsa, non risponde al cellulare, è irrintracciabile; lo scrittore torna così a Parigi, e insieme all’amico Marc Caradec, ex poliziotto, inizia la sua indagine privata per ritrovare la donna che ama, prima nella capitale francese, poi nella campagna tra Alsazia e Lorena, e infine dall’altra parte dell’Oceano, nella brillante New York.

La ragazza di Brooklyn è l’ultimo romanzo di Guillaume Musso, ma non il suo unico libro da me letto: lo stesso motivo che me lo ha fatto scegliere mi ha fatto comprare anche Central Park, e non ho potuto non fare un confronto tra i due volumi. Musso ha una scrittura estremamente coinvolgente, riesce a non farmi staccare gli occhi dalle pagine e a macinarne sempre di più pur di arrivare alla soluzione del mistero, sempre ben congegnato. La descrizione dell’ambiente è minuziosa ma non pesante, sembra davvero di trovarsi nei luoghi che l’autore ha scelto per il suo thriller.

Conoscendo già Musso come autore ho imparato a far caso a ogni dettaglio, anche al più piccolo, perché con lui il colpo di scena è continuo: non appena vi sembra di aver capito qualcosa in più sul mistero che caratterizza il libro, ecco che succede qualcosa che rimescola tutti i nostri pensieri di lettori, e rende ancora più difficile trovare una traccia a cui appigliarsi (anche se in realtà, questa volta, i miei sospetti su un particolare personaggio si sono ritrovati fondati). Anche in questo romanzo si mescolano trhiller e storie d’amore, si va oltre i pregiudizi che possono caratterizzare i personaggi non appena li conosciamo, si mescolano tante storie diverse e poi, magicamente, Musso ci fa arrivare alla soluzione. E’ sempre stata lì, sotto il nostro naso, ma il talento di un bravo scrittore sta proprio nel riuscire a mantenere i propri segreti. Unica nota negativa: a mio parere, questa volta il colpevole è stato piazzato in un punto poco raggiungibile dall’immaginario del lettore, una persona che davvero difficilmente si poteva prendere in considerazione.

La città in vasca con QC Terme Milano

Finalmente, dopo aver posticipato per mesi, sono riuscita a sfruttare il meraviglioso buono che mi consentiva un ingresso giornaliero in una struttura QC Terme: ho scelto di passare la mia giornata relax a QC Terme Milano, e non immaginavo che mi sarebbe piaciuta così tanto!

Non sono un’abituale frequentatrice di centri benesseri o centri termali, quindi ero molto curiosa su ciò che mi avrebbe atteso una volta superate le mura spagnole: in un edificio storico restaurato a Porta Romana, infatti, QC Terme ha scelto di stabilire la sua sede milanese, prestando attenzione a ogni dettaglio e curando l’atmosfera in modo da renderla il più rilassante possibile. Sembra proprio di stare in un giardino segreto, e per un giorno o qualche ora dedicare del tempo solo a se stessi! Ho apprezzato tantissimo la piccola area dell’aperitivo, piena di lanterne e piante, in cui è possibile fare uno spuntino o reidratarsi dopo la sauna (ce ne sono diverse in questo impianto, ciascuna con un’aromaterapia e con una temperatura differente) o il bagno di vapore. La più caratteristica resta ovviamente quella collocata nel giardino, all’interno di un vecchio tram, riadattato e sfruttando in modo intelligente le panche già presenti.

Ovviamente non potevo non fare un salto nelle numerose vasche idromassaggio presenti nella struttura, ciascuna con acqua riscaldata: la mia preferita è la vasca più grande collocata all’esterno, in cui sono presenti diversi punti idromassaggio, che permettono di godersi il giardino anche quando fuori si gela, com’è stato il mio caso. Del resto io non riesco a non associare le terme all’inverno, e mi piacerebbe molto provarle quando fuori nevica. Anche nel seminterrato ci sono diverse vasche, tutte illuminate dalla luce soffusa di tante candele…purtroppo non profumate, perché in quel caso avrebbero dovuto trascinarmi via!

Mi sono piaciute molto anche tutte le piccole attenzioni proposte per la cura del corpo: nelle sale interne sono presenti tante vasche con del bicarbonato, per uno scrub semplice ma efficace, e negli spogliatoi una vasta scelta di detergenti e lozioni per il corpo e i capelli! Il personale poi è davvero gentile e disponibile. Insomma, avrete capito che per me è stata un’esperienza assolutamente positiva: io ve la consiglio per un regalo un po’ particolare, oppure per passare una serata (sì, in alcuni giorni l’ingresso è consentito anche dopo le 18) diversa dal solito.