Tradizioni celtiche in punta di dita: il mio claddagh

Lo indosso ormai da più di un anno e senza mi sento nuda: il claddagh è solo un anello, ma non riesco più a separarmene! L’ho acquistato durante il mio ultimo viaggio in Irlanda, e nonostante si sia rovinato in fretta, essendo una versione piuttosto economica, mi piace continuare a portarlo, non tanto come accessorio (anche se è molto fine e si adatta a qualunque occasione) quanto piuttosto per il suo significato.

Il claddagh è l’anello tradizionale irlandese: due mani sostengono un cuore, sormontato da una corona. Le mani significano amicizia, la corona indica lealtà e il cuore, ovviamente l’amore. Il suo nome è ancora espresso in gaelico, e non esiste una traduzione in inglese corrente: claddagh indica precisamente la sabbia rocciosa tipica della zona di Galway, e con lo stesso nome era anche chiamato il villaggio di pescatori dove è nato questo gioiello.

Ma cos’ha di speciale questo anello? In primis è stato l’unico legame con le proprie tradizioni per tutti gli emigrati che hanno dovuto lasciare il paese a causa della gravissima carestia del Diciannovesimo secolo. E poi, per i più attenti, ha un significato nascosto: a seconda di come lo si indossa, infatti, dà indicazioni sulla situazione sentimentale della persona che lo porta. Averlo sulla mano destra, con la punta del cuore rivolta verso di sé, indica che si è impegnati; portarlo sulla mano sinistra nello stesso modo indica invece che la persona è sposata, nel senso opposto che è fidanzata ufficialmente. Il modo in cui lo indosso io indica che il cuore è libero da ogni legame.

Il fatto che sia un simbolo di amore (ancora) poco noto da queste parti mi affascina tantissimo, non ho mai visto molte persone portarlo. Soprattutto mi piace l’idea di poterlo spostare quando certe situazioni nella propria vita cambiano: mi sembra un “appuntamento” speciale ed emozionante, qualcosa di piccolo che però rende visibile ad occhi attenti che qualcosa nella propria vita è cambiato. I soliti simboli celtici sono ormai sdoganati, la triscele si vede ovunque, così come l’arpa celtica (complice la birra Guinness!): questo rimane invece un piccolo gioiello nascosto, e forse poiché riguarda la sfera dei sentimenti è ancora poco sfruttato, perché fa vedere a tutti un pezzo della propria vita di cui magari si vorrebbe dire poco. E’ bello essere una delle poche a portarlo e a conoscerne il reale significato: io però sono di parte, perché le tradizioni gaeliche mi affascinano molto!

Still Star-Crossed, un fuoco nella Verona shakesperiana

Dopo che tutte le serie tv che seguo sono terminate, è partita l’ovvia caccia a qualcosa che potesse sfamare la mia voglia di storie: la scelta è caduta su Still Star-Crossed, nuovo prodotto in casa ABC, dietro cui c’è anche la nostra vecchia conoscenza Shonda Rhimes (un nome una garanzia di drammi). Il primo episodio è stato trasmesso lo scorso lunedì, ed è riuscito a catturare la mia attenzione.

Verona è famosa soprattutto per Romeo e Giulietta, ed è proprio qui che parte questa storia: nella prima metà dell’episodio sono brevemente introdotte le vicende dei due amanti e la rivalità tra Montecchi e Capuleti. I due si sposano in segreto, con testimoni la cameriera e cugina di lei Rosalina, e il cugino di Romeo, Benvolio: nessuno di loro approva questa mossa, ma ormai i due sono sposati e pronti a rivelare l’accaduto alla famiglia. Mentre torna in città Escalo, figlio dell’attuale principe di Verona, i contrasti tra le famiglie aumentano e questo fa sì che si giunga alla morte dei due protagonisti della tragedia di Shakespeare. La storia, però, non finisce qui, perché a “sostituirli” nel loro ruolo ci saranno proprio Rosalina e Benvolio, che Escalo, preso il potere dopo la morte del padre, decide di far sposare proprio per riportare la pace in città, che dovrebbe essere pronta ai pericoli esterni.

Sinceramente anche dopo aver visto una sola puntata questa serie non mi sembra un flop totale, come invece ho letto in rete: alcuni dettagli però mi hanno lasciata perplessa. Come sempre, non vedo il motivo di far interpretare ruoli ad attori di colore quando la realtà storica è ben lontana. Soprattutto, non ha assolutamente senso inserire personaggi di colore in una famiglia di bianchi: la genetica non è un’opinione! Anche i costumi sono un po’ troppo barocchi e decisamente poco medioevali, ma a quanto pare è una prerogativa delle serie pseudo storiche rendere tutto più attraente di quanto è stato in realtà: stiamo parlando comunque di un prodotto che ha bisogno di essere venduto.

Non mi disturba invece il linguaggio colloquiale e lontano dalla poesia shakesperiana, anzi io trovo che sia molto meglio così. Trovo il lirismo infilato in serie tv potenzialmente di massa un dettaglio altezzoso, che alla lunga fa perdere spettatori. I personaggi per ora mi sono ancora semisconosciuti, ma spero che abbiano una caratterizzazione un po’ più forte di quello che ho potuto vedere in questi primi 40 minuti: il rischio è quello di cadere nel cliché, ma la vicenda mi sembra originale e mi dispiacerebbe vedere cancellata anche questa serie!

Chi ha paura di sognare?

A volte succede qualcosa che ci ferma, e all’improvviso non riusciamo più ad alzare la testa. Tutto quello che immaginavamo e speravamo viene giù come se un gigante crudele avesse soffiato sul fragile castello delle nostre speranze, e fosse uscito dalla stanza sbattendo la porta, annientando ogni luce. Chi ce lo fa fare di aprire la porta, seppur con calma, e ricominciare a sognare?

La vita non si può sprecare vivendo nella paura“, così ho detto qualche settimana fa ad un mio amico. Non ho smesso di avere paura, non ho smesso di sentire dolore, ma ho imparato quella che si sta rivelando una straordinaria (o stupida, a seconda delle occasioni) abilità: mi rialzo in piedi anche quando mi passa sopra uno schiacciasassi. A volte ci metto poco, molte altre di tempo ne impiego fin troppo. Ma alzo di nuovo la testa, perché la paura di perdere un’occasione e di vivere con il rimpianto è più forte della paura di stare male. L’idea di vedermi passare davanti un tesoro e di non essere abbastanza sfrontata da cercare in ogni modo di agguantarlo non mi appartiene, non è da Rachele.

Ci sono momenti in cui invidio chi riesce ad essere più equilibrato di me, chi riesce ad anteporre la ragione al cuore. Poi ci penso meglio e mi rendo conto che è questa mia pazzia che mi rende me, e che in realtà di essere razionale mi importa fino a un certo punto. Perché io voglio la favola, io voglio la felicità, e non è possibile che il passato freni i miei sogni. Io voglio continuare a sognare, continuare a credere che ci sia un posto preciso per me nel mondo, continuare a esprimere desideri e a impegnarmi perché diventino reali, anche se le circostanze e le persone mi remano contro.

Pensare “Don’t stop believin’” mi fa andare avanti nelle tempeste, in direzione di una luce talmente luminosa che il buio sarà una questione di scarsa importanza. E vorrei che anche chi è rimasto ferito dalla vita, o chi è troppo stanco per ricominciare a inseguire il proprio sogno potesse pensarlo. Che chi non è riuscito ad arrivare dove avrebbe voluto non pensi di essere un fallito, ma trovi il coraggio di impegnarsi ancora, senza farsi tentare da una strada che, in un attimo di difficoltà, sembra la più semplice. Probabilmente lo è, ma qual è il suo prezzo? Una vita ferma, senza più obiettivi, senza più sogni, arida. E allora che ne sarà di te, senza il tuo cuore che batte impazzito, senza la tua allegria, solo con gli impegni che incombono e quella pungente sensazione di essere rimasto indietro? Chiudi gli occhi e pensa a cosa guardi con desiderio, anche dopo tanto tempo: la chiave, come sempre, sta nel cuore.

Musica 24/7: le mie playlist preferite su Spotify

La musica è parte fondamentale delle mie giornate: solo sedermi in treno e ascoltare una canzone produce un effetto incredibile sul mio umore, mi rende davvero tranquilla e pronta ad affrontare tutto quello che mi si presenterà davanti. Spotify quindi per me è una vera droga, anche se in realtà lo uso soprattutto da pc, per risparmiare preziosi dati internet sul cellulare. Quando studio, quando scrivo, quando ho solo bisogno di rilassarmi, è veramente un’ottima compagnia! Oggi quindi vi propongo le mie cinque playlist preferite su Spotify!

All A Cappella

Se mi seguite da un po’ ormai saprete che le cover a cappella delle canzoni più famose mi piacciono tantissimo: probabilmente questa passione arriva da Glee, la mia serie tv preferita (un giorno ve ne parlerò). Con questa playlist ho scoperto tanti artisti davvero validi, tra cui i Pentatonix, decisamente i più bravi esecutori del genere che ho trovato finora!

Top 50 – Italia

La mia automobile non ha l’autoradio. Male, molto male per una come me, perché significa che posso ascoltare molto poco Radio Deejay (lo ammetto, ascolto solo questo) e soprattutto non posso conoscere in fretta brani nuovi. Così utilizzo questa playlist, che riporta le nuove uscite più popolari del momento, e io sono sempre aggiornata, anche sulle canzoni più stupide e improbabili.

Intense studying

Quando studio o quando scrivo, soprattutto se si tratta di argomenti impegnativi, la tv oppure le canzoni mi disturbano, anche se in sottofondo, perché mi viene voglia di seguire il discorso o di mettermi a cantare. Questa playlist è la mia salvezza: solo musica classica, perfetta per concentrarsi. Mi piace molto perché ci sono diversi pezzi di Bach tratti dai Concerti brandeburghesi, che mi rilassano tantissimo.

Un té e un libro

Una raccolta breve ma intensa, che unisce due delle mie passioni: la lettura e il té. Credevo di non riuscire a leggere ascoltando la musica, invece qui sono raggruppate tante canzoni a me totalmente sconosciute, che quindi sono perfette per un momento di relax. Creano un’atmosfera davvero particolare, un po’ malinconica, proprio come se fossi sempre in un pomeriggio di novembre: fuori fa freddo e piove, ma tu hai in mano la tua tazza di té e andrà tutto bene.

Centrifugato

Momento autocelebrativo per concludere la mia piccola classifica: questa è la mia playlist personale, un centrifugato, appunto, di brani musicali completamente diversi tra loro. Ci sono pezzi dei Queen e dei Bastille per poi passare a qualcosa di più italiano, alcuni pezzi un po’ trash.. Ma a me piace tutto, e questa raccolta mi rispecchia davvero!

Cosa mi ha lasciato il Canada

C’è qualcosa al di là dell’Atlantico che mi mette le ali al cuore: non so spiegare bene perché, ma quando volo via dall’Europa e metto piede in un nuovo paese, uno di quelli visti soltanto nei film, io mi sento completamente a mio agio, come se avessi vissuto lì per sempre, come se fosse lì ad aspettare proprio me. Oggi vi parlo della mia avventura canadese, ma in un modo un po’ diverso dal solito: un po’ perché il mio piccolo tour è stato abbastanza serrato e privo di tempo libero, e quindi non ho molti consigli da dare, un po’ perché ho voglia di raccontare cosa è stato per me questo breve viaggio.

Le Cascate del Niagara viste dal lato canadese

E’ stata una settimana molto intensa: io in realtà sono partita principalmente per un tour di concerti di musica barocca, a cui poi sono state agganciate diverse visite turistiche (e una breve fuga fuori programma!). Toronto è una città verticale, passeggiare tra le sue strade in mezzo ai palazzi è stato assolutamente naturale e accogliente: mi ha ricordato un po’ New York, con i suoi grattacieli, alcuni edifici ottocenteschi e perfino una zona che sembrava la replica di Times Square, c’era perfino la stessa chitarra rotante fuori dall’Hard Rock Cafe! Avrei tanto voluto salire sulla CN Tower ma purtroppo non ne abbiamo avuto il tempo, e ci siamo limitati a girarle intorno in auto, per scattarle qualche foto.

A metà settimana ci siamo spostati verso Ottawa, la capitale: abbiamo percorso 449 km in auto, sotto una pioggia infinita. Il viaggio è stato lungo e faticoso ma mi ha dato la possibilità di vedere un po’ del vero Canada, tra alberi che stanno tornando verdi, spazi immensi, e catene di caffetterie come Tim Horntons a ogni angolo! E lo ammetto, un po’ per il caffè, un po’ per il wifi, ci hanno davvero salvato. La visita a Ottawa è stata davvero lunga, ci ha occupato l’intera giornata, ma io comunque ne sono rimasta piacevolmente colpita: è molto europea, una capitale dall’architettura classica con edifici imponenti, come quello che ospita il parlamento. Ci sono anche un paio di punti panoramici molto belli, tutti con vista sul fiume. Il penultimo giorno lo abbiamo dedicato alle cascate del Niagara e ai paesini nei dintorni: qui siamo proprio al confine con gli Stati Uniti, e pensare che dall’altra parte del fiume c’è uno dei luoghi a cui sono più legata mi ha davvero emozionata. Se avessi voluto avrei persino potuto attraversare il confine, dato che nelle mie tasche c’è ancora il visto turistico!

Se devo dire la verità, non nutrivo particolari aspettative su questo viaggio. Ero emozionata perché questa è stata la mia prima trasferta canora, ma non mi aspettavo di restare così affascinata dal Canada, non mi aspettavo di sentirmi di nuovo come mi sono sentita negli Stati Uniti. Non pensavo che in una settimana avrei potuto dimenticarmi completamente dei pensieri pesanti che invece mi accompagnano nella mia vita quotidiana, non pensavo che, insieme a persone più o meno conosciute, sarei riuscita davvero a liberarmi un po’ la mente e il cuore. E invece, proprio come dicevo all’inizio di questo post, c’è qualcosa, in questa parte del mondo, che rende tutto così semplice e naturale. Il Canada mi ha ricordato che sono capace di essere coraggiosa, di vivere i miei sentimenti fino in fondo, di essere me stessa e superare la timidezza, cercando di trovare una connessione con ognuno dei miei compagni di viaggio. So che tanti pensano che anche nel posto in cui vivo potrebbe essere tutto così, e da un lato è vero: dall’altro, però, qui ci sono ancora cose che per me sono pesanti e non mi permettono di sentirmi libera e, come mi piace pensare, “perfettamente perfetta”, una ragazza che ha ricominciato a sognare e che si sente nel posto giusto al momento giusto. Ho portato a casa qualcosa di prezioso: la fiducia nelle mie capacità e un promemoria del fatto che io non sia del tutto parte della tappezzeria. E’ stato bello? Sì, tanto, soprattutto perché, come la maggior parte degli eventi che mi accendono, è stato totalmente inaspettato.