Date a un affascinante vecchietto appassionato di fiori un’automobile e saprà fare grandi cose. Se poi il vecchietto si chiama Clint Eastwood, andate sul sicuro! Dopo Gran Torino, Eastwood torna al cinema nella doppia veste di attore protagonista e regista, e rinnova il sodalizio con Bradley Cooper, un altro che non ha solo un bel faccino ma anche tanto talento: questa è la mia recensione di Il Corriere – The Mule.
Earl Stone è un anziano floricoltore dell’Illinois, che dopo una vita di premi e prestigio, tutti conquistati a scapito della sua vita famigliare, si ritrova impoverito e solo: soltanto la nipote Ginny continua a difenderlo e a cercare di reintrodurlo in famiglia, contro il parere della nonna e della madre, rispettivamente moglie e figlia di Earl. Quando gli si presenta l’occasione di un lavoro facile, che richiede solo la sua abilità di guida prudente, l’uomo accetta: scopre tardi di essere stato ingaggiato da un cartello messicano di trafficanti di droga, ma, compresa la possibilità di guadagnare cifre esorbitanti, con cui può riscattarsi presso la sua famiglia, Earl si mette in strada e percorre su e giù gli Stati Uniti, guadagnandosi il soprannome di Tata e il favore di alcuni colleghi. A Chicago, intanto, Colin Bates è deciso a mantenere il suo prestigio di agente della DEA, indagando sui cartelli locali e sul misterioso corriere che infrange ogni record di trasporto di droga.
Detesto i film western, quindi mi sono avvicinata a Clint Eastwood tardi, ma comunque con buone pellicole: dopo Gran Torino, ho un ottimo ricordo di American Sniper. Ecco, Il Corriere è il suo fratello minore: per me è impossibile non riconoscere la vena repubblicana del regista, che, anche in quest’ultimo lavoro, parte da una storia vera e tratteggia un personaggio duro, quasi cattivo, che nonostante le numerose ombre riesce a farsi amare (o quantomeno apprezzare) dal pubblico. Earl Stone è affascinante, ma è anche un uomo egoista, che vuole sempre avere ragione, che si redime troppo tardi e che incarna l’elettore repubblicano medio, attaccato agli stereotipi e alle buone credenze sugli Stati Uniti. Eppure, nonostante questo, nonostante la vicenda amara tratteggiata nel film, il protagonista riesce a farsi benvolere, dai colleghi narcotrafficanti e dallo spettatore, che si lascia ammorbidire dalle tristezze della vita, si sposta un po’ più in zona grigia dal nero dove pensava di rimanere, e riesce infine a provare tenerezza per Earl, per il caro, vecchio, Clint.
Anche Il Corriere termina con un finale aperto, che delude un po’, lasciando diversi interrogativi ma, tuttavia, facendo alzare dalla poltroncina con un senso di comprensione, di compiutezza, perché, alla fine, è tutto andato come doveva andare, il cerchio si è chiuso: e qui mi fermo, per evitare odiosi spoiler. L’ho solo menzionato finora, ma anche Bradley Cooper, interprete dell’agente Bates, merita un applauso, per essersi discostato dai suoi personaggi tormentati e avere interpretato un clichè vivente, il poliziotto troppo legato al lavoro, senza cadere nella banalità e nel già detto. Ho apprezzato la scelta di non legarlo visivamente a una donna, e anche la sua connessione con il protagonista, nonostante l’ovvietà.
Clint non delude. Non questa volta, neanche se avete scoperto dell’esistenza del film per caso, neanche per il finale aperto: quindi andate a comprare i popcorn e preparatevi anche a ridere, a godervi l’umorismo sui miei amati yankee. Poco importa se del Midwest, a me questi statunitensi piacciono tutti.