Chiacchiere, libri e film: il mio Harry Potter Tag

Oggi ho voglia di proporvi un post diverso dal solito, qualcosa con cui poter chiacchierare in libertà su uno dei casi mediatici più potenti degli ultimi anni: Harry Potter! Ho letto tutti i libri, ho visto tutti i film, insomma sono davvero innamorata di questo mondo. Vi propongo quindi l’Harry Potter Tag, ho trovato diverse versioni sul web così ne ho messe insieme alcune, tagliando le domande che trovavo meno interessanti. Buona lettura!

Quando e come hai conosciuto Harry e il suo mondo?

Anno 2000, sono in aeroporto, pronta per partire per le vacanze estive. Mentre aspettiamo che apra il banco del check-in, mia mamma legge a me e mia sorella La Pietra Filosofale! Ho poi letto il libro da sola nelle vacanze di Natale dello stesso anno, avevo appena compiuto sei anni e frequentavo la prima elementare.

Qual è il tuo libro preferito? Quello che non ti è piaciuto?

Il prigioniero di Azkaban è da sempre il mio preferito, probabilmente perché inizia a vedersi un certo cambiamento nei personaggi, iniziano a essere un po’ meno infantili, e poi sono introdotti alcuni dei miei personaggi preferiti. Non c’è un libro che non mi sia piaciuto, forse quello che ho apprezzato meno è La camera dei segreti, lo trovo poco utile ai fini della trama.

Qual è il tuo personaggio MASCHILE preferito?

Sirius Black. Mi ha sempre affascinato e ho amato il suo rapporto con Harry, più da fratello maggiore che da padre.

Qual è il tuo personaggio FEMMINILE preferito?

Tonks: perseverante, cocciuta, goffa ma talentuosa, riesce a conquistare quel musone di Lupin: mitica!

La migliore trasposizione cinematografica e la peggiore?

I primi due film secondo me sono davvero ben realizzati, mi è piaciuta molto la regia di Chris Columbus. Il terzo invece, con Alfonso Cuaron, ha avuto un cambio di ambientazioni che non mi è piaciuto per niente, e anche con il quarto, a causa di tanti dettagli mancanti, ho storto un po’ il naso.

Qual è la tua Creatura Fantastica preferita?

Lo Snaso, e da molto prima che uscisse Animali Fantastici!

Qual è il tuo Mangiamorte preferito?

Lucius Malfoy, da un lato mi affascina, dall’altro lo trovo un vero serpente.

Se fossi ad Hogwarts, quale sarebbe il tuo passatempo magico preferito?

Probabilmente tenterei di giocare a Quidditch, ma conoscendomi non sarei molto portata. Mi eserciterei negli incantesimi!

Qual è il tuo Professore di Hogwarts preferito?

Remus Lupin: è davvero competente, protegge Harry, e mi piace fantasticare sul suo passato da Malandrino.

Qual è il tuo incantesimo magico preferito?

Vista la mia pigrizia, Accio è sicuramente in cima alla lista!

Chi avresti voluto che non morisse? Chi avresti lasciato che morisse?

Tra tutti, Sirius. L’unica volta che ho pianto leggendo un libro, ero davvero disperata. Di Tiger nell’ultimo libro, invece, mi importa poco, anzi ben gli sta!

Qual è la tua materia preferita? Quella che non studieresti volentieri?

Penso che tutte mi interesserebbero, anche pozioni. Divinazione, invece, sarebbe da depennare!

Cosa sceglieresti tra un gufo/ un gatto/ un rospo?

Ai gatti sono abituata, vorrei un bel gufo! Nello specifico, un barbagianni.

In che casa vorresti essere smistato? In quale ti rifiuteresti di andare?

Pottermore ha parlato, io sono una Corvonero! Penso che l’unica che eviterei sarebbe Tassorosso, mi sembrano tutti un po’ babbei.

Storia di una ladra di libri, la guerra lontano dalla guerra

Ci è voluto un po’ di coraggio per riuscire a leggere questo libro, e non perché sia ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale; piuttosto perché stazionava nella mia libreria dal novembre 2014, un regalo di compleanno che temevo avrebbe portato con sé ricordi che preferisco tenere inscatolati. Invece, Storia di una ladra di libri non mi ha assolutamente fatto del male, anzi, per la prima volta dopo tanto tempo un libro è riuscito a farmi emozionare davvero, a commuovermi.

Liesel Meminger parte con la madre e il fratellino, diretta verso un sobborgo di Monaco di Baviera: suo padre è stato incarcerato, reo di aderire al comunismo, e la madre ha scelto per i suoi figli una vita non certo agiata ma comunque più sicura, lasciandoli in adozione presso una famiglia tedesca. Il fratello, però, si ammala durante il viaggio e muore: Liesel si ritrova così in un mondo a lei completamente sconosciuto, spaventata e priva dei suoi affetti. Nella nuova famiglia saprà però trovare l’amore di Papà, che da subito l’accudisce, e anche quello di Mamma, nonostante i suoi modi burberi. Impara perfino a leggere, riuscendo a rubare un libro. La vita famigliare cambia totalmente quando suo padre decide di accogliere e nascondere un ebreo nella loro cantina: la guerra è iniziata, e a Molching niente sarà più come prima.

Il titolo di questo romanzo è meraviglioso: io non avrei mai immaginato un personaggio talmente attratto dai libri (e inizialmente in modo inspiegabile, dato che la protagonista non sa leggere e ruba un manuale per becchini) da iniziare a salvarne quanti è in suo potere, dal rileggerli in continuazione fino a imparare una lingua sconosciuta, dal far diventare un oggetto il simbolo della propria esistenza. Quando dico che questo libro mi ha emozionato non intendo dire che ho pianto leggendo il triste epilogo: no, mi ha commosso, mi ha toccato nel profondo, perché ogni particolare è al tempo stesso delicato e pungente, portatore di una traccia di riflessione. La vicenda inizia nel 1942, la guerra è già iniziata da tre anni, eppure, nonostante si soffra la fame, nonostante aleggi lo spettro di quanto sta accadendo a chi non è tedesco, il conflitto non riesce a raggiungere il lettore.

Non ho capito bene come l’autore ci sia riuscito, ma attraverso il racconto delle giornate di Liesel, della sua profonda amicizia con Rudy, il coetaneo vicino di casa, del suo rapporto con la famiglia, i vicini, con Max, l’ebreo nascosto, la guerra c’è nella sua brutalità, ma sembra quasi appiattita dalla forza d’animo e dalla positività della ragazzina, che lotta strenuamente, quasi senza rendersene conto, inondando chiunque le stia vicino con la sua inconsapevole speranza, la sua luce. Anche il narratore, la Morte, ne è affascinato.

La ragazza di Brooklyn: da Parigi a New York in 400 pagine

Dal 29 luglio 2011 mi affligge una tremenda nostalgia, che ho tentato di calmare in ogni modo, con foto, canzoni, film e libri. E’ successo, quindi, che andassi al cinema a vedere qualunque film avesse nel trailer uno skyline a me riconoscibile in pochi fotogrammi, e che leggessi ogni libro esposto in libreria che mi saltasse all’occhio con due magiche parole: New York. Il romanzo di cui vi propongo la recensione, La ragazza di Brooklyn, l’ho scelto proprio in questo modo.

Raphaël è uno scrittore parigino di successo, che cresce il figlio Théo senza la madre; sta per sposarsi con Anna, un giovane medico che l’ha conquistato in breve tempo. Una sera, mentre la coppia sta trascorrendo un breve periodo di vacanza nel sud della Francia, Anna rivela a Raphaël il suo segreto più recondito, e il fidanzato, inorridito, scappa. Nonostante torni subito sui suoi passi, al suo ritorno Anna è scomparsa, non risponde al cellulare, è irrintracciabile; lo scrittore torna così a Parigi, e insieme all’amico Marc Caradec, ex poliziotto, inizia la sua indagine privata per ritrovare la donna che ama, prima nella capitale francese, poi nella campagna tra Alsazia e Lorena, e infine dall’altra parte dell’Oceano, nella brillante New York.

La ragazza di Brooklyn è l’ultimo romanzo di Guillaume Musso, ma non il suo unico libro da me letto: lo stesso motivo che me lo ha fatto scegliere mi ha fatto comprare anche Central Park, e non ho potuto non fare un confronto tra i due volumi. Musso ha una scrittura estremamente coinvolgente, riesce a non farmi staccare gli occhi dalle pagine e a macinarne sempre di più pur di arrivare alla soluzione del mistero, sempre ben congegnato. La descrizione dell’ambiente è minuziosa ma non pesante, sembra davvero di trovarsi nei luoghi che l’autore ha scelto per il suo thriller.

Conoscendo già Musso come autore ho imparato a far caso a ogni dettaglio, anche al più piccolo, perché con lui il colpo di scena è continuo: non appena vi sembra di aver capito qualcosa in più sul mistero che caratterizza il libro, ecco che succede qualcosa che rimescola tutti i nostri pensieri di lettori, e rende ancora più difficile trovare una traccia a cui appigliarsi (anche se in realtà, questa volta, i miei sospetti su un particolare personaggio si sono ritrovati fondati). Anche in questo romanzo si mescolano trhiller e storie d’amore, si va oltre i pregiudizi che possono caratterizzare i personaggi non appena li conosciamo, si mescolano tante storie diverse e poi, magicamente, Musso ci fa arrivare alla soluzione. E’ sempre stata lì, sotto il nostro naso, ma il talento di un bravo scrittore sta proprio nel riuscire a mantenere i propri segreti. Unica nota negativa: a mio parere, questa volta il colpevole è stato piazzato in un punto poco raggiungibile dall’immaginario del lettore, una persona che davvero difficilmente si poteva prendere in considerazione.

Non solo palle di pelo: la mia recensione di Il gatto che aggiustava i cuori

Non sono una ragazza che in libreria si ferma davanti agli scaffali dei romanzi rosa: non mi attirano molto, nonostante le loro copertine colorate e i titoli più o meno accattivanti: mi sembra che raccontino storie tutte uguali, poco coinvolgenti. I pochi romanzi rosa che leggo oppure ho letto hanno una vena un po’ diversa dagli altri che me li rende più apprezzabili. Ma.. Come potevo resistere al micio ritratto in copertina di questo romanzo, un graditissimo regalo di compleanno da parte di un’amica speciale?

Il gatto che aggiustava i cuori è una tenera storia di amore e di amicizia, forse un po’ semplice ma adatta a queste feste natalizie, per ricordarci che dovremmo avere tutti vicino qualcuno che abbia cura di noi. In questo caso a farlo è Alfie, un gatto che dopo la morte della sua padrona girovaga per i sobborghi di Londra deciso a trovare una nuova famiglia, e stabilendosi pian piano in quattro case diverse. C’è Claire, lasciata dal marito, che non è ancora abbastanza forte; Johnathan, che ha lasciato la sua vita a Singapore dopo aver cambiato lavoro; Polly, appena diventata mamma, che non riesce a trovare il proprio ruolo nella sua adorabile famiglia; e infine Fransiska, suo marito e i suoi bambini, immigrati polacchi con tanta nostalgia di casa.

Pian piano Alfie riuscirà a farsi benvolere da tutti, anche dai cuori più scontrosi, e zampettando ogni giorno da una casa all’altra ci fa vedere il mondo attraverso i suoi attenti occhi da gatto: perché, nonostante gli stereotipi, anche questi animali domestici si accorgono perfettamente di quando il loro padrone ha qualcosa che non va, e sono perfetti per scambiare quattro chiacchiere (mia mamma si è sempre trovata bene con loro!).

Perché Il gatto che aggiustava i cuori mi è piaciuto, anche se non è la mia solita scelta in libreria? Credo che il ruolo assunto da Alfie nel romanzo sia metaforico: è una sorta di angelo custode a quattro zampe che riesce a scorgere davvero quali sono gli affanni di ciascuno, quali siano le scelte migliori da compiere per ognuno dei personaggi. Alfie è un po’ come la nostra coscienza, come la nostre parte razionale che spesso fa a botte con il cuore, e a cui tante volte non diamo ascolto. Di certo sarebbe molto più pratico averla davanti a noi, a quattro zampe, pronta a farci le fusa quando abbiamo compiuto la scelta più giusta per la nostra vita, e sempre lì a miagolare per avvertirci quando qualcosa non va.

Un viaggio lungo un anno: la mia recensione di Calendar Girl

Di sicuro avrete notato in libreria le copertine accattivanti di questo libro: quattro volumi in tutto, ciascuno dedicato a tre mesi dell’anno, per un lungo viaggio tra gli Stati Uniti e la vita della protagonista, Mia. Calendar Girl è uno dei libri che più ha fatto parlare di sé nel 2016, un po’ proprio per l’attrattiva dell’oggetto libro, un po’ per il suo essere un caso editoriale trash. Nonostante questo l’ho letto con piacere, anche se di solito non leggo molti romanzi rosa. Questo, però, ha degli elementi che mi hanno piacevolmente sorpreso!

Mia Saunders è una giovane di Las Vegas, che si barcamena tra lavori saltuari per assicurare un’esistenza dignitosa a sé, alla sorella più giovane e al padre, distrutto da quando la moglie li ha abbandonati. Quando il padre, però, a causa del suo alcolismo, contrae un ingente debito con il violento ex fidanzato di Mia, finisce in fin di vita, lasciando comunque alle proprie figlie il debito, da ripagare sotto minaccia. Mia così si mette in contatto con la zia, che gestisce un’agenzia di escort (negli Stati Uniti escort non ha lo stesso significato italiano di prostituta, si tratta piuttosto di accompagnatrice, che può scegliere se concedersi anche dal punto di vista fisico), mettendosi sotto contratto per un anno: ogni mese guadagnerà abbastanza denaro per ripagare il debito, nell’attesa che il padre esca dal coma. Il problema, però, è che già a partire da gennaio a Mia è chiaro che ogni mese incontrerà uomini bellissimi, ricchi e dalle vite favolose. A gennaio è così molto facile cedere alle attenzioni di Wes, di cui finirà per innamorarsi. Purtroppo, però, il lavoro la chiama, e il suo viaggio di 12 mesi non si fermerà alla sola California…

Libro dopo libro sono arrivata a dicembre, ho seguito Mia durante la sua avventura: un anno impegnativo in cui ha viaggiato da un capo all’altro degli Stati Uniti, ha stretto nuove amicizie e ha scoperto la verità sulla sua famiglia. E’ un romanzo rosa, poco impegnativo da leggere ma che comunque mi è piaciuto molto. Tralasciando le numerose ed esplicite scene hot, perché ovviamente davanti a tanti bei ragazzi non si può rimanere di pietra, ho apprezzato il fatto che, con il procedere dei mesi, sia aumentata l’analisi dei personaggi, dei loro sentimenti, non limitandosi a una caratterizzazione banale e sommaria. Inoltre, una volta tanto, la protagonista non è una babbea che non sa di essere bella, ma è ben consapevole del proprio aspetto e capace di impegnarsi nella vita, senza tanti piagnistei.

Ciò che non mi è piaciuto invece è stato invece il secondo mese dell’anno, probabilmente per l’uomo per cui Mia si trova a lavorare, un artista francese che la seduce e a cui lei si abbandona, nonostante provi già sentimenti per Wes. Neanche la scelta di dipingere la madre come una malata mentale, e non come una donna che abbandona consapevolmente i propri figli perché disinteressata, mi ha convinto: mi è sembrata davvero una conclusione veloce e banale, troppo irreale rispetto alle altre vicende raccontate, che invece mi sono piaciute proprio perché reali, al contrario di quanto spesso avviene in altri romanzi simili, troppo finti.

Quello che mi è piaciuto di più, oltre alla breve appendice finale che chiude le storie di tutti i personaggi comparsi, è la costante speranza che pervade tutti i romanzi, una speranza all’inizio dettata dalla sola voglia di sopravvivere di Mia, messa a dura prova dalla vita e dalle sue relazioni con gli altri. Quando poi però la nostra bella protagonista si innamora, e si rende conto del suo valore umano nonostante il suo passato turbolento, tutto cambia. Mia continua a impegnarsi, facendo di tutto per garantire una vita serena a coloro che ama, che in cambio la ripagano trasmettendole fiducia in se stessa. Il tatuaggio che porta sul piede, “Trust the journey“, è un piccolo inno a non perdere mai la forza di guardare avanti, anche nelle difficoltà, a credere in se stessi e a non farsi schiacciare dalle difficoltà della vita. E’ per questo che mi piacciono anche i romanzi un po’ più semplici, come questi: riportano in luce i valori basilari di ciascuno, sottolineando la bellezza della vita.