Perché siamo tutti pazzi di Tiger

Non siete mai entrati da Tiger? Male! Perfino mio papà, dopo che ho portato a casa innumerevoli sacchetti colmi di cose, è entrato nel nuovo negozio aperto in stazione a Porta Garibaldi, a Milano. Tiger non è solo un semplice negozio, è uno stile di vita. E’ dove tutte quelle cose che vi sono sempre sembrate inutili, o kitsch, o imbarazzanti, acquisiscono tutto d’un tratto quel non so che peculiare che vi costringe a farvele cascare nel cestino e acquistarle.

Perché siamo tutti pazzi di Tiger

L’unica pecca di questa catena danese è non avere uno shop online, ma forse è meglio, perché spenderei molti più soldi di quanti non ne spenda già ora. Nata nel 1995, ad oggi conta 578 negozi, sparsi tra Italia, Giappone, Danimarca, Svezia, Regno Unito e Spagna. In teoria avrebbe anche cambiato nome, passando da Tiger a Flying Tiger, ma ormai il suo primo nome è entrato nel linguaggio comune: dire “Sono stata da Tiger” significa che si tornerà a casa con un paio di oggetti bizzarri e all’apparenza inutili, ottimi per i regali di Natale, un buon numero di articoli di cancelleria e quell’accessorio per la cucina di cui proprio non potevamo fare a meno.

Cosa compro io? Come ho scritto sopra, Tiger per me è sinonimo di cancelleria. Un giorno, forse, vi racconterò anche di questa mia passione: tra penne, taccuini, sticker e soprattutto washi tape (ossia, nastri adesivi decoratissimi) c’è da perdere la testa. E in questo periodo potrete trovare perfino delle agende ad anelli! Io non vi ho detto niente… Qui mi piace anche acquistare prodotti mangerecci, perché spesso si tratta di articoli non reperibili altrove e da cui sono molto incuriosita. In primis, il té, di cui sono fanatica: qui ho trovato un delizioso chai tea, perfetto per ricreare a casa la bevanda made in Starbucks autunnale, il chai tea latte. Ho poi assaggiato la frutta secca, molto buona, e qualche cioccolatino.

Inoltre, da Tiger potrete trovare anche tantissimi prodotti utili per le vostre feste: cappellini pieni di lustrini, occhiali da sole eccentrici, oltre che articoli per simulare qualche scherzo (ovvero, cacchette da posare sulla sedia del vostro ignaro commensale). Ma quello che mi, anzi, ci, piace di più di questo negozio, oltre i prezzi (bassi e tutti a cifra tonda) è l’atmosfera simpatica e gioiosa che lo pervade. Anche se fuori è una giornata grigia, state certi che varcata la soglia del negozio vi ritroverete a saltellare a ritmo di musica, e tenere in mano il vostro sacchetto vi riempirà di soddisfazione.

Un assaggio di Giappone a Milano

Amanti del Sol Levante, a rapporto! A Milano mi capita spesso di mangiare fuori, e il cibo giapponese è uno di quelli che mi attira di più (prossimamente il post con tutti i miei consigli mangerecci!). Ho pensato quindi di darvi qualche suggerimento sui miei posti preferiti per assaggiare sushi e non solo in città.

Ginko

Un assaggio di Giappone a Milano

Da fuori sembra un ristorante un poco buio e squallido, invece all’interno si nasconde un ambiente molto carino e curato. Il menù, nella ormai diffusissima formula all you can eat, propone piatti sia giapponesi che cinesi, e anche dei dolci piuttosto buoni! Ginko si trova in via Ripamonti 3, potete arrivarci con il tram 24 che ferma proprio lì vicino (fermata via Ripamonti/viale Sabotino)

Bubble Tea Milano

Ho cercato e cercato un locale invitante in città per poter di nuovo bere il bubble tea, la deliziosa bevanda che viene dal Giappone e che ho provato per la prima volta a New York. Ovviamente non potevo che trovarlo in zona Paolo Sarpi, il quartiere orientale di Milano. Questo piccolo ma delizioso negozio offre un completo assortimento di té tradizionali e di bubble tea, ed è frequentato soprattutto da ragazzi orientali.

Temakinho

Credits www.temakinho.com
Credits www.temakinho.com

Questo ristorante è stata una simpatica rivelazione: un mix tra Giappone e Brasile, piatti di sushi dai nomi simil portoghesi guarniti con maionesi dai sapori esotici. Insomma, un vero locale fusion! A differenza delle mie altre proposte, purtroppo non è per niente low cost, infatti lo frequento poco. Potete trovare diversi punti vendita, una sul Naviglio (ripa di Porta Ticinese) e una in corso Garibaldi (zona Brera).

Maido

E’ stata la mia amica Naomi a farmi scoprire questo caratteristico ristorantino in via Cagnola, vicino all’Arco della Pace (ci arrivate con il tram 1 oppure 10): all’interno campeggia la gigantografia di Marrabbio, il papà di Licia in Kiss Me Licia. Maido infatti è specializzato nello street food giapponese, l’okonomiyaki, una frittata a cui si può aggiungere carne, uova, formaggio e guarnita con una salsa speciale. In verità io non l’ho mai provato, mi sono limitata ai deliziosi noodles, che ho provato in tutte le varianti disponibili (carne, gamberi, verdure). Quando c’è bel tempo potete anche portar via il pranzo e sedervi a fare un picnic sui gradoni, ammirando l’Arco e Parco Sempione.

Ferragni e Fedez, il trionfo del nulla

Lei, prezzemolina del web che è diventata famosa grazie ai suoi soldi e alle intuizioni dell’ex fidanzato, unico vero genio del duo. Lui, rapper anticonformista (o così pare), impegnato a X Factor. Infornate, e avrete una nuova coppia pronta per essere spedita sui giornali e sul web, alla portata di tutti. Sono Chiara Ferragni e Fedez, e tra haters e fan non si smette un attimo di parlare di loro.

Ferragni e Fedez, il trionfo del nulla

Un tempo, quando Chiara non era ancora uno spaghetto semovente, mi piaceva seguirla sui social e commentarne gli outfit, alcuni davvero carini. Poi la sua eccessiva e malsana magrezza mi ha fatto passare la voglia di aprire il suo blog, e l’ho lasciata nel dimenticatoio. Fedez, invece, oltre ad avermi fatto venire dubbi sul suo vestiario (credo che indossi un dolcevita, invece ha solo il collo completamente tatuato), per me è sempre stato un rapper volgarotto, con cui non ho assolutamente nulla da condividere, di cui però ho apprezzato alcuni interventi a X Factor. Premessa doverosa per specificare che non seguo nessuno dei due, è semplicemente il web intero a buttarmi nello smartphone immagini e articoli riguardanti questi due personaggi, nonostante ne farei volentieri a meno.

Quindi, dopo settimane di foto ‘picci picci’, corredate da didascalie inutili, e articoletti su ogni blog/rivista di gossip o moda riportanti frasi imbarazzanti sulla vita privata dei due, ho deciso di togliermi lo sfizio e raccontare quel che penso di questa improbabile coppia. Ovvero: è tutta una montatura. Dopo essere saltato da una ragazza all’altra nell’ultimo anno, casualmente Fedez finisce tra le braccia della fashion blogger più influente del mondo, la bionda Chiara Ferragni. E lei, dopo aver chiuso la storia con il suo fotografo cinese (o californiano? O semplicemente con l’occhio spento e la faccia da babbeo? Ditemi voi), inizia a smettere di utilizzare Snapchat, a postare con meno frequenza su Instagram, condividendo perlopiù foto sue e della nuova fiamma, con tanto di commenti brevissimi a cui mai si era abbandonata.

Mi auguro per entrambi che sia una montatura, un’operazione di marketing (volta a non so cosa, dato che entrambi sono sulla cresta dell’onda), perché se davvero fosse reale lei sarebbe ridicola, e lui un vero ipocrita. Chiara ridicola per il suo dimostrarsi un’ingenua totale, come se non fosse a conoscenza dei meccanismi dello showbiz stupendosi continuamente dei paparazzi alle calcagna. Influencer o no, a quasi nessuno, inoltre, dovrebbe importare altro al di fuori dei suoi outfit, visto che è nata come fashion blogger. Fedez, tra i due, probabilmente è quello che ci rimette di più: tutta la sua credibilità a suon di Vorrei ma non posto, il suo tirarsi fuori dalle logiche di mercato, dalla massa, tutto cancellato in pochi attimi per correre dietro a chi tanto aveva criticato. Fossi una sua fan gliene direi quattro e butterei i suoi album nell’immondizia. In conclusione, di questi due già non se ne può più: troppo zuccherosi, troppo falsi. Attendo fiduciosa il prossimo articolo su un magazine rosa che annuncia la rottura di questa coppia fondata sul nulla assoluto.

Quando hai fame a Roma

Questa settimana sono scappata per un viaggio a sorpresa, una visita ad un’amica che si è da poco trasferita nella capitale. Sono stati tre giorni intensi, pieni di lunghe passeggiate e soprattutto di tanto, tanto cibo. ci voleva qualcosa per rinfrancare il corpo e lo spirito dopo tanto sforzo fisico! Vi propongo quindi alcuni posticini davvero interessanti che ho scoperto nel mio breve soggiorno a Roma: sono tutti più o meno economici, rispetto alla media dei prezzi in città.

Antica salumeria

Quando hai fame a Roma

Proprio a lato del Pantheon si trova questa bottega che attrae una folta clientela: lo spazio all’interno è davvero esiguo, è praticamente impossibile riuscire a sedersi per mangiare, dato che ci sono pochissimi tavolini. Da fuori si notano i salumi appesi al soffitto, ed è questo che mi ha attirata. All’interno potrete scegliere tra i vari panini e pizze già pronti, oppure farvene preparare uno su misura. Sugli scaffali sono esposti diversi prodotti gastronomici, e in fondo, ovviamente, c’è il banco a cui si possono ordinare i salumi.

Pompi

Quando hai fame a Roma

Avevo tanto sentito parlare di questa pasticceria, presente in città con diversi punti vendita, e volevo assolutamente provarla. Pompi è famosa per le sue porzioni di tiramisù racchiuse in scatolini di cartone, pronte per essere mangiate appena comprate: ci sono diverse versioni, quella classica, quella con banane e cioccolato, una ai pistacchi e anche un tiramisù alla fragola. Io sono stata nella sede storica, quella sulla Cassia, appena dopo Ponte Milvio.

Osteria de’ mercanti

Quando hai fame a Roma

Per la cena abbiamo voluto provare la cucina romana tradizionale, quindi quale quartiere migliore di Trastevere? All’interno di una cascina parzialmente ristrutturata, all’ultimo piano, si trova questo pittoresco ristorante, con ruote e attrezzi agricoli appesi ai muri, tetto a vista e tovaglie a quadretti. Nella penombra delle candele abbiamo ordinato pasta alla carbonara e pasta cacio e pepe: le porzioni, abbondanti e deliziose, sono ancora meglio se accompagnate dal buon vino della casa, rigorosamente rosso.

Trapizzino

Quando hai fame a Roma

Anche questo nome non mi era nuovo, e dopo una mattinata su e giù per il Gianicolo, ci voleva una pausa. Cos’è il trapizzino? Semplicemente la pasta della pizza, piegata a mo’ di sandwich, e farcita in diversi modi. Il negozio propone panna fresca, polpette al sugo, trippa, pollo alla cacciatora, melanzane alla parmigiana e bollito con salsa verde. Buonissimo, economico e perfetto per riempirvi la pancia!

Don Nino

Quando hai fame a Roma

Torniamo vicino al Pantheon per merenda: questo delizioso locale, in stile shabby chic, serve gelato, una buona selezione di biscotti, torte e dolci vari, oltre che diversi bevande calde. Tutto è curato nei minimi dettagli e si respira un’atmosfera davvero romantica. Nonostante la sua posizione, poi, i prezzi non sono affatto esagerati!

Bruegel arriva a Torino: i pittori fiamminghi in mostra

Non sono una grande amante dell’arte: come tante persone, mi limito a osservare le opere nei musei, prendendo nota mentalmente di quali quadri o sculture mi piacciono di più, capendo così quale stile o corrente apprezzo maggiormente. Cambia tutto, però, quando si parla di pittura fiamminga: poco studiata nelle scuole (anzi, praticamente ignorata), negli anni ho davvero imparato ad amarla. Ogni dipinto racconta una piccola storia, è pieno di dettagli e di simboli, e molte volte sono rappresentati elementi fantastici o propri della cultura popolare.

Jan Mandijn, Gesù nel Limbo
Jan Mandijn, Gesù nel Limbo

La mostra di Venaria Reale, perciò, era decisamente adatta a me: in Bruegel: capolavori dell’arte fiamminga è esposto un discreto numero di opere, perlopiù provenienti da collezioni private, che permettono di avere una panoramica completa sulle diverse caratteristiche della pittura fiamminga. Ovviamente al centro c’è la prolifica famiglia Bruegel, capeggiata da Pieter il Vecchio; non mancano però anche opere di Hyeronimus Bosch, il mio preferito in assoluto, di cui amo la minuzia e le raffigurazioni fantastiche.

Quello che apprezzo di più in questi quadri è proprio la cura per il dettaglio, la voglia di rappresentare la cultura popolare in ogni suo aspetto, anche quelli più imbarazzanti o di cui comunque si parla poco: è solo in questo periodo, ad esempio, che la rappresentazione del cibo o di persone che mangiano non è più considerata un tabù, e si apre così la via a numerose opere in cui si raffigurano banchetti e festeggiamenti, specie nuziali.

Pieter Bruegel il Giovane, Danza nuziale all'aperto
Pieter Bruegel il Giovane, Danza nuziale all’aperto

Altro aspetto curioso è la predilezione per i simboli e le allegorie: tantissimi dipinti sono proprio intitolati Allegoria e si riferiscono perlopiù ad elementi religiosi oppure astratti, come ad esempio i vizi capitali o i cinque sensi. Tra tutti quelli esposti, quello che ha attirato di più la mia attenzione è stato il quadro dedicato alla guerra: tra armi e armature, le bestie azzannano il capretto e l’agnello, il falco si avventa sulla colomba portatrice di pace, e sullo sfondo si consuma anche uno stupro. Il clima è cupo, grigio: secondo me è una rappresentazione molto efficace delle caratteristiche della guerra. Già nel Sedicesimo secolo popolazione e artisti se ne rendevano (tristemente) conto.

Jan Bruegel, Allegoria della guerra
Jan Bruegel, Allegoria della guerra