L’amore non è tutto uguale (anche se vogliono farci credere il contrario)

Lo scorso 14 febbraio è rimbalzato da una parte all’altra un annuncio pubblicitario che ha fatto tanto parlare di sé, e non in positivo: sul canale televisivo Real Time è infatti andato in onda un breve spot, di cui sono stati protagonisti anche alcuni personaggi noti, per sottolineare l’importanza dell’amore e dell’uguaglianza, utilizzando però come stratagemma un vero e proprio delitto nei confronti della lingua italiana.

Credits www.realtimetv.it

Per affermare il concetto che ogni amore è uguale, ogni amore è giusto, Real Time propone (con tanto di petizione rivolta all’Accademia della Crusca), di equiparare l’espressione “un amore” a “un’amore“, rendendo così corretta la seconda locuzione. Anche se, grammatica alla mano, proprio corretta non è: l’apostrofo in presenza di un articolo indeterminativo si utilizza solo se il sostantivo che segue è di genere femminile. In questo caso, ovviamente, secondo la grammatica italiana si tratterebbe di un’espressione scorretta: ma dato che si parla di amore, e in amore non c’è nulla di sbagliato, perché non introdurre il genere neutro e ovviare a questi piccoli problemi linguistici?

In tutto il mondo l’amore assume mille forme diverse e non si cura dell’età, delle convinzioni religiose, del colore della pelle, del genere o dell’orientamento sessuale. I pregiudizi e la discriminazione iniziano dal linguaggio, dalle parole. Per combatterli dobbiamo partire dalla lingua, perché sono le parole che influenzano il nostro modo di pensare. In italiano la parola “amore” è di genere maschile. Chiediamo all’Accademia della Crusca di poter scrivere la parola amore sia al maschile sia al femminile. Un amore universale, che certifichi in ogni momento la legittimità dell’amore, di ogni genere di amore. In tal modo vogliamo istituire il genere neutro per la parola amore. Anche se il genere neutro nella nostra lingua non esiste.

Sulla pagina web che riporta la petizione da firmare, Real Time riporta così il suo intento: queste argomentazioni, però, rasentano il ridicolo. Quanto è puerile affidare la responsabilità delle discriminazioni alla lingua italiana? La superficialità di un comunicato come questo è imbarazzante, soprattutto perché recentemente sono state mosse critiche pesanti al sistema scolastico italiano, colpevole di sfornare giovani dalle scarse capacità comunicative, incapaci, appunto, di argomentare, di produrre un discorso sensato e chiaro.

La questione linguistica, però, è solo la punta dell’iceberg. Io ho trovato questo messaggio inutile, un tentativo di trasmettere valori finito però in un mero appiattimento di identità, in un grigiume di persone che fanno pensare più alla tristezza che all’amore. L’amore non è tutto uguale, anche se ogni giorno ci sono propinate storielle di ogni tipo; non è mettere segni diacritici a caso in una frase, non è scrivere cuoricini, o, almeno, non è solo questo. Con un simile spot l’amore è banalizzato, ridotto a un prodotto da supermercato, un articolo di consumo che si può facilmente piegare alle proprie esigenze egoistiche, come, appunto, la modifica di una lingua introducendo elementi che non sono propri di nessun uomo né di nessuna donna. L’amore è diventato solo un altro soggetto per la pubblicità, che ha raggiunto il suo scopo di far parlare di sé, dimenticando la sua vera identità, che di certo è ben lontana dalle logiche modaiole. Non siamo tutti uguali, checché se ne dica, in qualunque modo vogliano farcelo credere, nessun individuo è uguale a un altro. E preferisco saper scrivere in italiano corretto ed essere additata per la mia intransigenza piuttosto che essere appiattita insieme a un gruppo di pecoroni seguaci del “purché se ne parli“.