Storia di una ladra di libri, la guerra lontano dalla guerra

Ci è voluto un po’ di coraggio per riuscire a leggere questo libro, e non perché sia ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale; piuttosto perché stazionava nella mia libreria dal novembre 2014, un regalo di compleanno che temevo avrebbe portato con sé ricordi che preferisco tenere inscatolati. Invece, Storia di una ladra di libri non mi ha assolutamente fatto del male, anzi, per la prima volta dopo tanto tempo un libro è riuscito a farmi emozionare davvero, a commuovermi.

Liesel Meminger parte con la madre e il fratellino, diretta verso un sobborgo di Monaco di Baviera: suo padre è stato incarcerato, reo di aderire al comunismo, e la madre ha scelto per i suoi figli una vita non certo agiata ma comunque più sicura, lasciandoli in adozione presso una famiglia tedesca. Il fratello, però, si ammala durante il viaggio e muore: Liesel si ritrova così in un mondo a lei completamente sconosciuto, spaventata e priva dei suoi affetti. Nella nuova famiglia saprà però trovare l’amore di Papà, che da subito l’accudisce, e anche quello di Mamma, nonostante i suoi modi burberi. Impara perfino a leggere, riuscendo a rubare un libro. La vita famigliare cambia totalmente quando suo padre decide di accogliere e nascondere un ebreo nella loro cantina: la guerra è iniziata, e a Molching niente sarà più come prima.

Il titolo di questo romanzo è meraviglioso: io non avrei mai immaginato un personaggio talmente attratto dai libri (e inizialmente in modo inspiegabile, dato che la protagonista non sa leggere e ruba un manuale per becchini) da iniziare a salvarne quanti è in suo potere, dal rileggerli in continuazione fino a imparare una lingua sconosciuta, dal far diventare un oggetto il simbolo della propria esistenza. Quando dico che questo libro mi ha emozionato non intendo dire che ho pianto leggendo il triste epilogo: no, mi ha commosso, mi ha toccato nel profondo, perché ogni particolare è al tempo stesso delicato e pungente, portatore di una traccia di riflessione. La vicenda inizia nel 1942, la guerra è già iniziata da tre anni, eppure, nonostante si soffra la fame, nonostante aleggi lo spettro di quanto sta accadendo a chi non è tedesco, il conflitto non riesce a raggiungere il lettore.

Non ho capito bene come l’autore ci sia riuscito, ma attraverso il racconto delle giornate di Liesel, della sua profonda amicizia con Rudy, il coetaneo vicino di casa, del suo rapporto con la famiglia, i vicini, con Max, l’ebreo nascosto, la guerra c’è nella sua brutalità, ma sembra quasi appiattita dalla forza d’animo e dalla positività della ragazzina, che lotta strenuamente, quasi senza rendersene conto, inondando chiunque le stia vicino con la sua inconsapevole speranza, la sua luce. Anche il narratore, la Morte, ne è affascinato.